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Il 29 giugno 1987 e la democrazia coreana

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La storia della Corea del Sud è stata molto complicata e piena di avvenimenti, soprattutto dopo il secondo dopoguerra. Una data che è sicuramente importante per la storiografia sudcoreana è il 29 giugno 1987, che segna una svolta nella democrazia coreana.

Dopo la fine della Guerra di Corea, che si protrasse per tre lunghi anni dal 1950 al 1953, la penisola coreana era in una situazione di forti tumulti. La sua democrazia era senza dubbio fragile, anche nella parte Sud controllata e supportata dagli Stati Uniti. Negli anni che seguirono il conflitto mondiale e la guerra civile, infatti, i governi che vennero dopo quello di Syngman Rhee furono fugaci. 

Le rivolte del 18 e 19 aprile

Già abbiamo parlato delle rivolte del 18 e del 19 aprile in Corea, che obbligarono Rhee alle dimissioni e alle elezioni nel 1960 con un conseguente cambio di marcia nella Repubblica. Tuttavia, questa trasformazione non portò subito alla rinascita sperata. Infatti, nel solo anno 1960 si susseguirono al comando del Paese ben cinque presidenti, di cui solo l’ultimo mantenne il potere per più di 40 giorni. Ciò causò un’estrema instabilità politica, che sfociò nel Golpe Militare di Park Chunghee nel 1962. Il suo governo marziale – che pure vide parecchie riforme in ambito economico – durò fino al 1979, quando venne assassinato.

La breve parentesi di nuovo democratica, però, fu subito interrotta dalla presa del potere da parte di Chun Doohwan nel 1980. Il dittatore militare, mandante dell’assassinio di Park Chunghee, istituì fin dal principio la legge marziale e alcuni campi di concentramento per gli oppositori politici. Il suo governo fu sicuramente fonte di crescita economica: la Corea del Sud in quegli anni ebbe il suo picco di ricchezza.

La stretta, imposta dalla stampa

La stretta imposta alla stampa e la legge marziale estesa a tutto il Paese generò ben presto parecchi scontenti all’interno della popolazione, che nel mese di giugno del 1987 avviò una serie di proteste. Il mese di giugno 1987 prende infatti il nome di 6 민주 항쟁, ovvero “La battaglia di Giugno per la democrazia” in Corea del Sud, e si riferisce a tutti gli eventi accaduti tra il 10 e il 29 giugno, che ne fu il culmine.

 

Le prime proteste del 10 giugno ebbero l’effetto di convincere Chun Doohwan a cedere il proprio potere e designare un successore – Roh Taewoo. Tuttavia, la popolazione non accolse bene questa decisione e la interpretò come l’ultimo atto di una dittatura che non voleva cedere alle richieste dei propri cittadini. Ciò portò ad ulteriori proteste di massa in tutto il Paese, che non sfociarono in repressioni sanguinarie solo grazie alle imminenti Olimpiadi. I Giochi Olimpici del 1988, infatti, si sarebbero tenute a Seoul. 

Chun Doohwan

Per evitare che tutti gli occhi del mondo fossero puntati su eventuali violenze e repressioni, Chun Doohwan acconsentì a dichiarare libere elezioni, convinto che comunque il suo successore sarebbe stato eletto. In effetti, seppur con una maggioranza molto limitata, Roh Taewoo vinse le elezioni democraticamente, diventando il primo presidente eletto in 15 anni di governi. La società, sebbene ancora fortemente legata al regime dittatoriale del predecessore, vide la sua figura (e tuttora la vede) come un passaggio di testimone obbligato per poter arrivare alla piena democrazia dei decenni successivi. In merito alla lettura e al significato politico di questo fenomeno storico, ci sono diverse teorie storiche. 

Il 29 giugno 1987

Il 29 giugno 1987 detiene una importanza storica per il suo significato simbolico e politico. Chiamato infatti 6.29 선언, ovvero “Dichiarazione del 29 giugno”, segna il momento in cui Roh Taewoo, in corsa per il ruolo di presidente. Il quale fece un discorso alla nazione con le sue promesse elettorali. In questa dichiarazione, il futuro presidente elencò gli otto punti fondamentali della sua politica. Che includevano: garanzia di elezioni presidenziali libere e una sana competizione tra i concorrenti alla carica; amnistia per i prigionieri politici e maggiori diritti umani. Ma anche rimozione della censura di stampa e rinforzo dell’autonomia locale, oltre che significative riforme sociali e maggior dialogo nel clima politico dell’epoca. 

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